L’esplosione del fenomeno Internet of Things (IoT) è una “coincidenza” di tre fattori: tecnologia accessibile a basso costo, moltitudine di scenari applicativi e, non meno importante, il ruolo dei media.
Da un lato il fenomeno IoT può potenzialmente rivoluzionare il concetto di computing, portando la raccolta di dati del mondo fisico ad essere quasi una commodity. Dall’altro, le implicazioni dell’IoT sulla sicurezza del mondo digitale e fisico danno senza dubbio ragione agli scettici. La prima discussione che propongo riguarda cosa può succedere quando si connette il mondo fisico a quello digitale, in un verso e nell’altro. Basandomi su una serie di ricerche effettuate e presentate durante il 2014 analizzerò alcuni errori tecnici—che purtroppo sono “sempre i soliti”—che contribuiscono al diffuso scetticismo degli esperti di sicurezza. Concludo con una serie di possibili direzioni di lavoro per ricerca accademica e tecnologia.
Un discorso simile riguarda la riservatezza dei dati personali. Da un lato preoccuparsi di privacy nell’era dell’Internet of Things sembra scontato. Dall’altro, senza rilassare il concetto di privacy, il rischio è quello di ostacolare le opportunità di ricerca e sviluppo industriale. A partire da ricerche e risultati emersi nell’ultimo anno, offrirò alcuni punti di discussione sul “costo” della riservatezza dei dati nell’ambito applicativo dell’IoT.
Il messaggio generale è che, come all’inizio di ogni “rivoluzione” nel mondo digitale, la sicurezza dovrebbe diventare un bene imprescindibile, un obiettivo strategico. Non una mera opzione.
Federico Maggi, Politecnico di Milano
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